Il processo educativo di apprendimento-insegnamento
Tratto dall’opera “Il lavoro educativo: l’importanza della relazione nel processo di insegnamento-apprendimento” a cura di Silvia Kanisza.
Il processo educativo di apprendimento-insegnamento può aver luogo all’interno di istituzioni come la scuola, la famiglia, ma anche ambienti informali come il gruppo di amici. Una caratteristica necessaria per una relazione educativa è l’asimmetria, ovvero la disparità di conoscenze tra allieve ed insegnante.
L’educatore/insegnante deve guadagnarsi la stima e l’affetto degli allievi, solo così sono in grado di invogliare gli studenti a studiare e a proseguire nell’attività. Infatti, quando la relazione è buona, gli studenti affermano di amare l materia e di trovarla facile, o almeno, facilitata, mentre quando la relazione è meno buona, o l’insegnante è visto come “cattivo”, capita più spesso che la materia sia ritenuta difficile, noiosa o venga rifiutata. Un ottimo docente è in grado di eliminare ogni giudizio sui singoli allievi evitando, quindi, di creare anche inconsapevolmente delle disparità di trattamento tra gli stessi. Quindi, l’insegnante deve ascoltare sé stesso.
Il fine dell’attività educativa è quello di provocare un cambiamento/apprendimento nell’allievo che potrà aver luogo se, e solo se, l’allievo accetterà ciò che l’insegnante gli propone: i risultati si vedranno solo se l’insegnante sarà stato in grado di spingere l’allievo a desiderare di apprendere e a muoversi in questo senso.
Relazione educativa e motivazione ad apprendere
“Il fine dell’attività educativa è quello di provocare un cambiamento nell’apprendimento dell’allievo che potrà aver luogo se, e solo se, l’allievo accetterà ciò che l’insegnante gli propone: i risultati si vedranno solo se l’insegnante sarà stato in grado di spingere l’allievo a desiderare di apprendere e a muoversi in questo senso”. Non è, però, possibile attribuire solo il desiderio di apprendere al modo di fare dell’insegnante in quanto ci sono anche altre realtà che possono influenzare il discente: famiglia, amici, sport, ma anche lo studente stesso.
“Apprendere” è motivante in so, ma questa forma mentis può essere ostacolata da modelli relazionali sbagliati. Ciò che si assiste a scuola è che bambini con tanta voglia di apprendere riducono questo sentimento positivo in quanto vengono “calmati” da una scuola che ne smorza l’entusiasmo perché è ripetitiva, noiosa ecc.
La finalità educativa è quella di rendere l’allievo completamente autonomo, capace di gestire i propri apprendimenti, e, quindi, di lavorare perché il maestro divenga inutile; purtroppo il percorso che porta all’autonomia è connotato da una forte dipendenza dal maestro, che agisce da mediatore tra l’alunno e il sapere; per cui il raggiungimento della piena indipendenza dell’allievo risulta quasi sempre difficile e problematico, e nella maggior parte dei casi resta un nodo irrisolto. D’altro canto l’autonomia può essere raggiunta solo se l’insegnante lavora (e lascia lavorare gli allievi) sui loro interessi, facendo leva sulle motivazioni intrinseche; ma a scuola, oltre che dimostrare autonomia e padronanza nell’acquisizione del “proprio” sapere, bisogna che imparino anche contenuti potenzialmente non graditi, perché facenti parte del programma ministeriale.