High-Intensity Interval Training
ALLENAMENTO AD ALTA INTENSITA’
interval training aerobico (AeIT), sprint interval training (SIT) e repeated sprint training (RST)
Gli allenamenti intervallati ad alta intensità (HIIT) sono praticabili in qualsiasi età (juniores (1)(2) e seniores), sport (fondo lento o veloce, di squadra, di combattimento o di forza/potenza) (3), con ogni mezzo (cicloergometro, remorgometro, tappeto motorizzato, bilanciere, ecc.) e momento della periodizzazione. Ciò che cambia è il fine e, di conseguenza, il protocollo per cui si implementa questa tipologia di esercitazione. Infatti, mentre ipoteticamente e speculativamente in uno sport di fondo serve per migliroare il sistema cardiorespiratorio, per un sollevatore di peso potrebbe essere utilizzato prevalentemente per ridurre la massa grassa e rientrare nella categoria inferiore. In particolare, gli obiettivi per cui si eseguono gli HIIT sono:
Ø Aumento della prestazione (es. capacità di ripetere gli sprint e di mantenere l’alta intensità nelle azioni, economia di corsa),
Ø Miglioramento delle condizioni metaboliche (es. massa grassa),
Ø Incremento del sistema cardiovascolare (es. VO2max).
Uno dei motivi per cui questi protocolli intermittenti sono così validi ed applicati è perché si riesce a mantenere un lavoro di alto livello qualitativo (intensità) e quantitativo (volume) sopra il massimo consumo di ossigeno che, solitamente, in una serie unica in atleti altamente allenati potrebbe essere tenuto per non più di 8-10 minuti (57). Invece, con l’HIIT si è in grado di raddoppiare tranquillamente questa esposizione. Bisogna però essere consapevoli che il tempo al VO2max non deve essere solo l’unico parametro che bisogna guardare per implementare gli intermittenti nella programmazione (4).
Gli allenamenti definiti “high-intensity interval training” (HIIT) raggruppano differenti protocolli di attività relativamente all’intensità, alla durata, al recupero e ad altre variabili. Essi, secondo Buchheit & Laursen, si possono distinguere in tre grandi categorie (5):
Ø Allenamento di sprint ripetuti massimali (RST) della durata di 3-7 secondi con recuperi inferiori al minuto;
Ø Allenamento di sprint intervallati massimali (SIT) della durata circa di 30 secondi con recuperi passivi o attivi di 2-5 minuti. È chiamato anche “speed endurance pruduction” (SEP) e “speed endurance maintenance” (SEM). La SEP permette di lavorare sulla qualità del movimento in quanto il recupero è quasi completo (>5 volte rispetto la durata del lavoro), la SEM, invece, permette di lavorare sulla resistenza specifica alle azioni intense, infatti il recupero è solo 1-3 volte la durata del lavoro (6). Nel SEM rientrano anche gli small-sided games.
Ø Allenamenti ad alta intensità aerobici (AeIT) con intervalli di lavoro lunghi (2-4 minuti). Si ritiene che abbiano una omeostasi tra produzione e smaltimento del lattato (7).
Con il termine AeIT ci si riferisce ad esercitazioni ad intensità >80% della frequenza cardiaca massima (FCmax) tale da permettere un lavoro tra la seconda soglia ventilatoria (VT2) e il massimo consumo di ossigeno (VO2max), mentre gli allenamenti di sprint ripetuti (RST, SIT) sono attività che necessitano velocità o potenze superiori al massimo consumo dell’ossigeno (v/pVO2max) (8)(9). Solitamente questi protocolli hanno una durata totale compresa tra 5 e 40 minuti circa.
Classificazione degli HIIT secondo Buchheit & Laursen, 2013.
Tschakert & Hofmann (2013) mostrano un altro approccio per denominare gli HIIT, in quanto non è raro che gli stessi protocolli abbiano due nomi differenti. Questi autori suddividono gli HIIT in due grandi categorie: quei protocolli che impiegano un recupero non completo e, quindi, portano ad una riduzione della prestazione, e quelli che hanno i recuperi lunghi per permettere un pieno recupero. Entrambe le categorie sono ulteriormente suddivise in “intensivo” ed “estensivo” (7).
Classificazione degli HIIT secondo Tschakert & Hofmann (2013)
Come leggere il protocollo intermittente
Un protocollo intermittente di 3 minuti di lavoro al 100% della vVO2max e 3 minuti di recupero attivo al 50% vVO2max si descrive come (4):
Ø Intensità. Intensità media del protocollo, ovvero (100+50)/2= 75% vVO2max
Ø Rapporto lavoro:recupero. Rapporto tra la durata del lavoro e del recupero, 3/3 = 1
Ø Durata e distanza. Durata e distanza percorse ad alta e bassa intensità
Adattamenti dell’high-intensity interval training
Fisiologici (centrali). Aumento della gittata cardiaca, del volume di eiezione (contrazione del ventricolo sinistro), del massimo consumo di ossigeno e del volume plasmatico insieme ad una riduzione della frequenza cardiaca a riposo e della pressione arteriosa, oltre che migliorare l’elasticità dei vasi sanguigni (8)(10)(11). Per avere come adattamento il potenziamento del sistema cardiovascolare si ritiene siano necessari protocolli di 3-4 minuti di lavoro al >92-95% vVO2max con <2 minuti di recupero passivo o 4-5 di recupero attivo al 50-60% vVO2max (5). In corridori di mezzofondo intervalli di 1-8 minuti al 90-100% vVO2max permettono aumenti nel VO2max (12).
Fisiologici (periferici). Aumento della concentrazione enzimatica ossidativa e glicolitica per lo smaltimento del lattato e per la produzione di ATP, capillarizzazione e incremento del contenuto e della funzione mitocondriale (8)(10). Inoltre, permettono di ridurre la massa grassa (13).
Prestazione. I protocolli intermittenti o di sprint ripetuti mostrano guadagni nel massimo consumo di ossigeno (VO2max), riducono il tempo nei TimeTrial e permettono una maggior economia di corsa (9).
Confronto con l’attività di lunga durata
Fisiologico (centrali e periferici). L’HIIT riduce maggiormente la pressione diastolica notturna e totale giornaliera, così come migliora di più l’elasticità dei condotti sanguigni rispetto al protocollo di lunga durata e moderata intensità (14)(11). Inoltre, il protocollo di endurance non ha una capacità maggiore nella riduzione della massa grassa (in valore assoluto) rispetto l’HIIT (15). L’allenamento di lunga durata permette di aumentare il contenuto mitocondriale, mentre quello intermittente e ad alta intensità aumenta maggiormente la funzione degli stessi, per cui, riguardo la stimolazione degli organelli, sono complementari (16).
Prestativi. I protocolli SIT a sprint sovramassimali permettoono di aumentare il VO2max di 3,6 mL kg-1 min-1, ma è identico statisticamente rispetto al protocollo di lunga durata. Però, questo effetto è ottenuto con meno volume (tempo) di allenamento e quindi, speculativamente, permette di investirne di più in altre attività (17)(18). Una recente review sistematica e metanalisi mostra che, unendo i vari studi, ci sia comunque un vantaggio minimo dell’HIIT di +1,2 mL kg-1 min-1 rispetto al fondo lento (19). Non ci sono ancora studi che sommano e confrontano altre variabili quali, ad esempio, l'economia di corsa tra le due tipologie di attività.
Confronto tra tipologie di HIIT
Tra un allenamento HIIT di breve durata ed uno di sprint ripetuti non ci sono differenze statistiche nel VO2max (20)(21)(9), mentre tra un protocollo AeIT (>4 min) e un SIT è stato rilevato un incremento maggiore del 2% nel primo intervento (9). In ogni caso vige il principio della specificità, ovvero che se si utilizzano gli sprint ripetuti e di breve durata si ipotizza ci sia un miglioramento nel record personale dello sprint (20)(22)(23), al contrario, un protocollo HIIT di lunga durata sembra che possa incrementare maggiormente il massimo consumo di ossigeno e ridurre il divario tra il primo e l’ultimo scatto in una batteria di prove consecutive (maggior resistenza allo sforzo) (23) Anche se, in una indagine, si è riscontrato che dopo 10 settimane di SSG (2-4 ripetizioni per 2,5-4 minuti) rispetto ad un 12-24 x 15:15 (105:115% VO2max) i risultati nel tempo medio e di picco dello sprint sono migliorati in maniera identica (+4%) (24).
HIIT 6x4 min:1 min vs 6x4 min:2 min vs 6x4 min:3 min, 95% VO2max. Gli autori Schoenmakers & Reed hanno confrontato lo stesso protocollo intermittente di sei ripetute da quattro minuti al 95% FCmax/VO2max con differenti recuperi tra esse (60, 120 o 180 secondi). I risultati mostrano che la velocità di corsa è maggiore nel gruppo con il recupero più alto (p<0,01) segno di una freschezza maggiore. Però, chi ha recuperato meno ha iniziato le ripetute con un VO2 maggiore, per cui si può consigliare per massimizzare l’esposizione alle alte intensità quando il tempo di lavoro è ridotto (25).
Cambiamenti prestativi nella prova a tempo di 40 km in ciclisti molto allenati dopo cinque differenti protocolli intermittenti (12x30 s, 175% Ppicco; 12x1 min 100% Ppicco; 12x2 min al 90% Ppicco; 8x4 min al 80% Ppicco, 4x8 min all’80% Ppicco. Tratta da (55)(56)
SIT 20x6s:48s vs 4x30s:240s (1:8 L:R), all-out. Non ci sono differenti risposte nei guadagni prestativi in una prova a tempo (+5,1% vs +6,2%) tra due differenti protocolli di sprint interval training a volume e recupero equalizzato (1:8) (26).
HIT 24x15s:15s vs 12x30s:30s vs 6x60s:60s, 100%:60% vVO2max. Tra queste tre soluzioni il protocollo 30:30 è quello che riduce in maniera minore la risposta dell’HRv post-esercizio, per cui è quello che stressa di meno il soggetto (27).
HIIT 30-40 rip, 15/15, 130% vVO2max vs 4-6 rip x 4 minuti:2 min L:R, 115% VO2max. il VO2max è aumentato maggiormente nel gruppo ad intervalli lunghi (+6%) rispetto a quello di sprint ripetuti (+3,6%) (28).
SIT 40:20 vs 30:30. Il protocollo 30:30permette di raggiungere una FC, VO2 e La- maggiori rispetto al 40:20, mentre quest’ultimo ottiene uno stress leggermente inferiore, ma consente di lavorare per più tempo (29).
Rappresentazione della durata totale ad esaurimento tra due attività intervallate (30:30 vs 40:20) a sinistra. A destra è rappresentato il confronto all’interno di un intervallo completo relativamente alla risposta in frequenza cardiaca (30:30 vs 40:20). Tratto da (29).
Variabili dell’allenamento intermittente
L’allenamento intermittente si deve prescrivere basandosi su molte variabili che sono tra di loro strettamente interconnesse: durata ed intensità dell’intervallo di lavoro così come del tempo di recupero tra le ripetute e tra le serie, numero delle ripetizioni, delle serie e modalità di esecuzione.
Intensità del lavoro. L’intensità può essere prescritta tramite:
I. Distanza da percorrere (es. sport di fondo)
II. Percezione della fatica con la scala BORG (1-100);
III. Frequenza cardiaca (%FCmax);
IV. Velocità o potenza al massimo consumo di ossigeno (v/pVO2max);
V. Velocità di riserva anaerobica (ASR);
VI. Velocità d’uscita di un test incrementale ad esaurimento o del 30-15 intermittent fitness test
In particolare, negli intermittenti di lunga durata (AeIT) l’intensità deve essere moderatamente alta (80% < x > 95% FCmax o l’80-90% v/pVO2max e/o la MLSS), invece negli intervalli di breve durata è ottimale che sia leggermente maggiore (90% < x > 115% v/pVO2max). Invece, negli sprint ripetuti essa deve essere aumentata, infatti nella RST è tra il 120-160/170% del v/pVO2max, mentre nei SIT è sopra il 160% v/pVO2max.
Si sa, però, che prescrivere l’intensità in riferimento ad una % di frequenza cardiaca massima (formula di Karvonen) sia un approccio erroneo e non standardizzato in quanto ogni soggetto ha il suo profilo individuale di FC-potenza, FC-VO2, ecc. e, quindi, ci sono adattamenti interindividuali differenti allo stesso protocollo (30). Questa situazione sussiste anche negli intermittenti inferiori ai 30 secondi di durata (7). Per ovviare a queste limitazioni sarebbe necessario prescrivere gli intermittenti tramite le soglie lattacide secondo questa formula (7):
Pmedia = (Ppicco x tpicco + Prec x trec)/(tpicco + trec)
Dove %PLT2 = Pmedia; %Pmax = Ppicco; %PLT1 = Prec
Intensità del recupero. Il recupero tra le ripetute può essere sia attivo (ATT) sia passivo (PAS). Nel primo caso si ha uno smaltimento maggiore del lattato accumulato con la diretta conseguenza di poter protrarre, qualora lo si volesse, l’attività per un tempo maggiore. Per questo scopo l’intensità dovrebbe aggirarsi intorno alla soglia lattacida e molto probabilmente gli atleti la utilizzano inconsapevolmente se lasciati liberi nella scelta del ritmo (per un approfondimento esaustivo si consiglia la lettura dell’articolo Clearance del Lattato dell’autore). Inoltre, il recupero in movimento permette di mantenere elevato il VO2 e, quindi, appena si riprende l’attività si impiega meno tempo per arrivare al VO2max e, quindi, si è in grado di accumulare più lavoro nella zona target rispetto che se si adottasse un recupero passivo. Ad esempio, il battito cardiaco in un 4x4 minuti al 95% FCmax scende rispettivamente a 140, 126 e 115 bpm se si hanno 1, 2 o 3 minuti di recupero PAS e, di conseguenza, il VO2 rimane elevato statisticamente nel gruppo a recupero inferiore (25).
Rappresentazione puramente speculativa della frequenza cardiaca in un intermittente con recupero attivo (linea nera) ed uno con recupero passivo (linea rossa). Da sapere che la frequenza cardiaca è correlata con il VO2, per cui nel gruppo a recupero passivo si ha una diminuzione dello stesso e, di conseguenza, l’esposizione totale al VO2max è ridotta.
Inoltre, il riposo tra le ripetute permette anche di modificare i guadagni prestativi e fisiologici. Infatti, si conosce che in triatleti dopo 15 sedute di HIIT in 14 giorni (microciclo shock) c’è un incremento nella velocità alla seconda soglia ventilatoria solo nel gruppo ATT, mentre il Wingate è aumentato solo nel gruppo PAS. il VO2max è, invece, rimasto invariato in entrambi (31). Invece, un’indagine ha ipotizzato che ci potesse essere una differenza in termini di adattamenti cronici se si fosse eseguito a fine seduta un recupero ATT di 15 minuti rispetto al PAS. Il post-test eseguito ad un mese di distanza mostra che il gruppo col recupero attivo ha aumentato maggiormente la velocità relativa a VT2 forse perché, ipotizzano gli autori, i 15 minuti di attività integrativa di defaticamento hanno permesso un ulteriore stimolo adattivo (32).
Durata dell’intervallo di lavoro. La durata dell’intervallo di lavoro varia in generale da 1 ad 8 minuti per gli HIIT di lunga durata (ed intensità relativamente ridotta), mentre è di 3-60 secondi per i protocolli di sprint ripetuti. Ovviamente questi dati sono molto ipotetici e devono essere contestualizzati nello sport e con l’intensità prescritta. Il modello di Thibault per l’equivalenza nella prescrizione degli HIIT secondo la percezione della fatica. Bisogna però tenere presente che nonostante siano simili dal punto di vista soggettivo, hanno sicuramente differenze negli stress e adattamenti fisiologici (61).
Durata dell’intervallo di recupero. L’intervallo di recupero varia in base ai protocolli e agli obiettivi, infatti nel caso della speed-endurance sarà ridotto (1-3 in rapporto al lavoro), mentre nel caso di allenamento della capacità di ripetere gli sprint sarà anche >4-5 volte il tempo di esercizio. Ad esempio, negli sprint ripetuti prescrivere <30 secondi tra le ripetizioni ha un effetto negativo sui successivi scatti, mentre 120 secondi o superiore non inducono adattamenti aerobici, per cui si consiglia la via di mezzo di 80 secondi utili per la potenza ed i guadagni cardiorespiratori (33). invece, in un HIIT di lunga durata (4x4 minuti, 90-95% FCmax) non ci sono differenze nell’accumulo di lattato se si utilizzano dagli 1 ai 4 minuti tra le serie (34), ma si consiglia comunque di tenere almeno 3 minuti per non permettere un affaticamento prematuro (35). In generale, più l’attività è lunga e il recupero minore e più si ha un contributo anaerobico all’esercizio. In uno studio di sprint ripetuti (10x6s sprint, 30s recupero) se si utilizzano 6 minuti di recupero passivo tra le serie si ha una differenza del decremento all’interno della stessa serie da 13 a 17% (59). Invece, se si eseguono due serie a distanza di circa 15 minuti di cui 5 di riposo completo, 6 di recupero attivo ed un piccolo re-riscaldamento non c’è una differenza nella prestazione tra le due serie di scatti (60). Per cui, si consiglia una distanza tra le serie di 15-20 minuti se si volesse mantenere la stessa prestazione. Prescrizione del recupero. Il recupero negli intermittenti può essere fisso a priori ed è quando si prescrivono lavori con i rapporti 1:1, 1:3 ecc., oppure può essere autoregolato dall’atleta ed è quando egli inizia la nuova ripetizione in base alle sue sensazioni soggettive. Oltre a questi due metodi c’è anche la possibilità di iniziare il protocollo quando si raggiunge una certa soglia di recupero della frequenza cardiaca. In questo modo il giocatore riprende l’attività quando ha ridotto, per esempio, del 35% la frequenza cardiaca massima. Quest’ultimo metodo (prescrizione in base al carico interno) non permette però di mantenere la stessa prestazione in un 5x1000m. Infatti, se confrontato con i recuperi fissi, il tempo era superiore di circa 5 secondi durante ogni ripetuta e l’inattività era di ben 45 secondi inferiore in media rispetto al gruppo a lavoro fisso (115 secondi vs 160) (36).
Modello di Thibault per l’equivalenza soggettiva dei protocolli intermittenti. I protocolli sono indicati con il puntino rosso sulla rispettiva linea. Le percentuali indicano l’intensità al massimo consumo di ossigeno (velocità/potenza). La zona inscritta tra la linea verde indica gli intervallati che hanno come risposta la massima gittata cardiaca, mentre la zona inscritta nella linea blu indica i protocolli al massimo consumo di ossigeno. Tratta da Thibault.
Numero di ripetizioni. Il numero di ripetizioni è da inserire nel contesto del microciclo (o sommazione dei microcicli), così come dalla quantità di fatica e/o dagli adattamenti che si vuole far ottenere. Generalmente in uno sport di squadra in pre-season, se si considerano gli HIIT di lunga durata, è ottimale un protocollo da 4/6 serie di 4 minuti in quanto permette di accumulare più di 8-10 minuti al massimo consumo di ossigeno (target minimo). Questo volume è drasticamente ridotto nella fase competitiva e potrebbe aggirarsi a 3 serie da 3 minuti o un 2x4 (qualora si utilizzasse l’AeIT). Invece, la quantità minima di sprint ripetuti è ancora da conoscere, ma si può ipotizzare di non effettuarne più di 6-8 nei giorni precedenti le competizioni (es. MD-2), e di poterne svolgere anche 15-30 in tre-cinque serie nei giorni di maggior carico (MD+3) e, in particolare, in precampionato.
Modalità di esecuzione. La modalità di esecuzione varia in base al contesto, agli sport e alla periodizzazione. Infatti, se si fosse durante l’off-season si potrebbe preferire un intermittente a scarico articolare (nuoto, cicloergometro) per chi ha un’attività a motricità di corsa. Invece, più ci si avvicina alla parte competitiva e più questi protocolli devono diventare specifici, per cui si effettueranno a piedi. Però, per mantenere gli adattamenti in atleti con sovraccarichi agli arti inferiori e/o nel caso particolare di un infortunio, si può preferire l’intermittente più agevole per il soggetto (es. cicloergometro).
Fatica indotta dai protocolli intermittenti
Si ritiene che i protocolli di sprint ripetuti massimali di >30 secondi siano affaticanti prevalentemente per la fatica centrale, mentre i protocolli ad intervalli lunghi, non massimali e/o di brevissima durata (<20 secondi) per la fatica periferica.
È difficile conoscere se un protocollo possa ridurre la qualità del gesto motorio (cinematica) in quanto tutto dipende dalla quantità di affaticamento che provoca e dalla tipologia dei soggetti (37).
Accumulo di lattato
Secondo l’autorevole opinione di Buchheit & Laursen, (2013) Il lattato accumulato nei primi cinque minuti dell’intermittente può indicare il contributo energetico del protocollo. Essi hanno ipotizzato questa suddivisione:
Ø Fortemente aerobico <3 mmol/L-5minuti,
Ø Aerobico circa 3 mmol/L-5minuti,
Ø Leggermente anaerobico 4 mmol/L-5minuti,
Ø Anaerobico 5 mmol/L-5minuti,
Ø Fortemente anaerobico >6 mmol/L-5minuti.
Protocolli di 3-4 minuti di intervalli al 90-95% vVO2max con <2 minuti di recupero passivo o >4-5 di recupero attivo al 50-60% vVO2max. raggiungono valori >5 mmol/L nei primi 5 minuti e a fine seduta sono superiori a >10 mmol/L (5). Se si prescrivono 4 minuti di recupero passivo lo smaltimento e produzione di La- è pressoché in equilibrio (34). Invece, in intervalli di circa 90 secondi alla vVO2max si hanno 5-7 mmol/L di La- nei primi 5 minuti (38). Per avere un’alta produzione di lattato negli sprint ripetuti sono richieste corse massimali di 4-10 secondi con un massimo di 20 secondi di recupero (39). Gli intermittenti sopra i 30 secondi di lavoro hanno un contributo aerobico maggiore rispetto a durate inferiori, ma se si volesse ridurre la componente ossidativa sarebbero necessari >1,5-2 minuti di recupero PAS per permettere di far ritornare ai livelli iniziali il sistema ossidativo. Ad esempio, la produzione di lattato aumenta da 13 mmol/L a 15 mmol/L se dopo 30 secondi di sprint si aumenta il recupero da 30 a 80 secondi (58). Inoltre, introdurre salti ed altri movimenti permette di modificare l’accumulo di La-. Un esempio è una ripetuta composta da 6 sprint in linea di 10metri e ad ogni arrivo è necessario effettuare 5 squat jump o burpees. Questo protocollo in meno di un minuto permette di effettuare 60 metri di sprint (6 accelerazione e 6 decelerazioni) e 25 movimenti speciali. Anche il terreno (sabbia, salita, discesa) e/o i cambi di direzione permettono di modificare la quantità di stress sistemico e locale negli intermittenti ed ognuno sarebbe da studiare a parte (40). L’accumulo di lattato è indice di fatica, ma alti valori di questa sostanza permette anche di stimolare la sua clearance, per questo motivo si consiglia un recupero attivo che permetta di eliminarlo più velocemente e quindi di effettuare più ripetizioni (vedere articolo Clearance del lattato).
Percezione dell’attività fisica
Si ritiene che se l’esercizio venga svolto sopra la soglia anaerobica (VT2) ci sia una sensazione maggiore di sgradevolezza rispetto che se fosse effettuato sotto questa soglia per una risposta a segnali enterocettivi (fatica muscolare, ventilazione e acido lattico). infatti, sotto VT2 c’è un fattore positivo di piacevolezze e l’adesione all’attività fisica è maggiore (41). Inoltre, sedute costanti di HIIT possono influenzare negativamente lo stato mentale dei soggetti rilevato tramite il questionario POMS (42) e speculativamente portare a lievi sintomi depressivi e di ansia che possono ridurre la prestazione. Però, la gradevolezza del protocollo è relativa ai soggetti e alla modalità dell’HIIT. Infatti, in giocatori di calcio si preferisce una tipologia di small-sided games piuttosto che un protocollo lineare a sprint ripetuti a parità di risposte fisiologiche (43). Il protocollo Tabata è quello che fa ottenere le risposte più fastidiose in quanto a percezione dell’attività fisica, ma è anche quello che permette di raggiungere il valore di VO2max maggiore tra tutti i protocolli (es. sprint ripetuti) (44).
Come per ogni altra variabile esistono variazioni circadiane. In particolare per i cronotipi notturni si sconsiglia di applicare HIIT alla mattina per il loro stress superiore rispetto che alla sera (45), mentre ai cronotipi mattinieri si sconsiglia di prescriverlo a fine giornata perché potrebbero ridurre la qualità del sonno (46)
Differenza di genere
Da uno studio molto recente si ipotizza che ci possano essere delle differenze di genere nelle risposte di adattamento ai protocolli di HIIT e, quindi, che sia necessario indagare approfonditamente quale tipologia sia più efficace per i maschi e le femmine (47). Nel seguente studio hanno confrontato due protocolli: 4x30’’:180’’ e 4x30’’:30’’, entrambi all-out e con recupero attivo. In particolare, nelle femmine c’è un’identica capacità di accumulo e smaltimento del lattato sia con il rapporto lavoro:recupero di 1:1 sia 1:6. Questa differenza, però, permette di speculare che le donne richiedano, specialmente nel condizionamento degli sport di squadra, intermittenti con recuperi minori rispetto ai maschi per avere lo stesso obiettivo (47).
Differenza nell’accumulo del lattato tra pre e post-test tra generi (maschi a sinistra, femmine a destra).
BIBLIOGRAFIA
1. Logan GRM, Harris N, Duncan S, Schofield G. A review of adolescent high-intensity interval training. Sport Med. 2014;44(8):1071–85.
2. Eddolls WTB, McNarry MA, Stratton G, Winn CON, Mackintosh KA. High-Intensity Interval Training Interventions in Children and Adolescents: A Systematic Review. Sport Med. 2017;47(11):2363–74.
3. Vasconcelos BB, Protzen G V., Galliano LM, Kirk C, Del Vecchio FB. Effects of High-Intensity Interval Training in Combat Sports: A Systematic Review with Meta-Analysis. J strength Cond Res. 2020;34(3):888–900.
4. Billat LV. Interval training for performance: A scientific and empirical practice. Special recommendations for middle- and long-distance running. Part I: Aerobic interval training. Vol. 31, Sports Medicine. Adis International Ltd; 2001. p. 13–31.
5. Buchheit M, Laursen PB. High-intensity interval training, solutions to the programming puzzle: Part II: Anaerobic energy, neuromuscular load and practical applications. Sport Med. 2013;43(10):927–54.
6. Mohr M, Krustrup P. Comparison between two types of anaerobic speed endurance training in competitive soccer players. J Hum Kinet. 2016;50(2):183–92.
7. Tschakert G, Hofmann P. High-intensity intermittent exercise: Methodological and physiological aspects. Int J Sports Physiol Perform. 2013;8(6):600–10.
8. MacInnis MJ, Gibala MJ. Physiological adaptations to interval training and the role of exercise intensity. J Physiol. 2017;595(9):2915–30.
9. Rosenblat MA, Perrotta AS, Thomas SG. Effect of High-Intensity Interval Training Versus Sprint Interval Training on Time-Trial Performance: A Systematic Review and Meta-analysis. Sport Med. 2020;50(6):1145–61.
10. Laursen PB, Jenkins DG. The scientific basis for high-intensity interval training: Optimising training programmes and maximising performance in highly trained endurance athletes. Sport Med. 2002;32(1):53–73.
11. Ramos JS, Dalleck LC, Tjonna AE, Beetham KS, Coombes JS. The Impact of High-Intensity Interval Training Versus Moderate-Intensity Continuous Training on Vascular Function: a Systematic Review and Meta-Analysis. Sport Med. 2015;45(5):679–92.
12. Fox EL, Bartels RL, Billings CE, O’Brien R, Bason R, Mathews DK. Frequency and duration of interval training programs and changes in aerobic power. J Appl Physiol. 1975;38(3):481–4.
13. Batacan RB, Duncan MJ, Dalbo VJ, Tucker PS, Fenning AS. Effects of high-intensity interval training on cardiometabolic health: A systematic review and meta-analysis of intervention studies. Br J Sports Med. 2017;51(6):494–503.
14. Way KL, Sultana RN, Sabag A, Baker MK, Johnson NA. The effect of high Intensity interval training versus moderate intensity continuous training on arterial stiffness and 24 h blood pressure responses: A systematic review and meta-analysis. J Sci Med Sport. 2019;22(4):385–91.
15. Viana RB, Naves JPA, Coswig VS, De Lira CAB, Steele J, Fisher JP, et al. Is interval training the magic bullet for fat loss? A systematic review and meta-analysis comparing moderate-intensity continuous training with high-intensity interval training (HIIT). Br J Sports Med. 2019;53(10):655–64.
16. Bishop DJ, Granata C, Eynon N. Can we optimise the exercise training prescription to maximise improvements in mitochondria function and content? Vol. 1840, Biochimica et Biophysica Acta - General Subjects. Elsevier B.V.; 2014. p. 1266–75.
17. Gist NH, Fedewa M V., Dishman RK, Cureton KJ. Sprint interval training effects on aerobic capacity: A systematic review and meta-analysis. Sport Med. 2014;44(2):269–79.
18. Niklas P, Li W, Jens W, Michail T, Kent S. Mitochondrial gene expression in elite cyclists: Effects of high-intensity interval exercise. Eur J Appl Physiol. 2010;110(3):597–606.
19. Milanović Z, Sporiš G, Weston M. Effectiveness of High-Intensity Interval Training (HIT) and Continuous Endurance Training for VO2max Improvements: A Systematic Review and Meta-Analysis of Controlled Trials. Vol. 45, Sports Medicine. Springer International Publishing; 2015. p. 1469–81.
20. Bishop DJ. Sprint vs . Interval Training in Football. 2007;(December).
21. Fernandez-Fernandez J. et al. Intensity vs. interval high-training repeated sprint training in tennis. J Strength Cond Res. 2012;26(1):53–62.
22. Iaia FM, Fiorenza M, Larghi L, Alberti G, Millet GP, Girard O. Short-or long-rest intervals during repeatedsprint training in soccer? PLoS One. 2017;12(2):1–15.
23. Bishop DJ, Girard O. Repeated-Sprint Ability Part II : Recommendations for Training Repeated-Sprint Ability – Part II Recommendations for Training. 2011;(May 2014).
24. Laursen P. Game-based Training in Young Elite Handball Players. Handball Specifi c Aerob Train … Int J Sport Med. 2009;30:251–8.
25. Schoenmakers PPJM, Reed KE. The effects of recovery duration on physiological and perceptual responses of trained runners during four self-paced HIIT sessions. J Sci Med Sport. 2019;22(4):462–6.
26. Lloyd Jones MC, Morris MG, Jakeman JR. Impact of time and work:rest ratio matched sprint interval training programmes on performance: A randomised controlled trial. J Sci Med Sport. 2017;20(11):1034–8.
27. Cipryan L, Laursen PB, Plews DJ. Cardiac autonomic response following high-intensity running work-to-rest interval manipulation. Eur J Sport Sci. 2016 Oct 2;16(7):808–17.
28. Franch J, Madsen K, Djurhuus MS, Pedersen PK. Improved running economy following intensified training correlates with reduced ventilatory demands. Med Sci Sports Exerc. 1998 Aug;30(8):1250–6.
29. Nicolò A, Bazzucchi I, Lenti M, Haxhi J, Di Palumbo AS, Sacchetti M. Neuromuscular and metabolic responses to high-intensity intermittent cycling protocols with different work-to-rest ratios. Int J Sports Physiol Perform. 2014;9(1):151–60.
30. Hofmann P, Tschakert G. Special needs to prescribe exercise intensity for scientific studies. Vol. 1, Cardiology Research and Practice. Hindawi Limited; 2011.
31. Wahl P, Zinner C, Grosskopf C, Rossmann R, Bloch W, Mester J. Passive Recovery Is Superior to Active Recovery During a High-Intensity Shock Microcycle. J Strength Cond Res. 2013 May;27(5):1384–93.
32. Wiewelhove T, Schneider C, Schmidt A, Döweling A, Meyer T, Kellmann M, et al. Active recovery after high-intensity interval-training does not attenuate training adaptation. Front Physiol. 2018;9(APR):1–12.
33. Kavaliauskas M, Aspe RR, Babraj J. High-Intensity Cycling Training. J Strength Cond Res. 2015 Aug 4;29(8):2229–36.
34. Laurent CM, Vervaecke LS, Kutz MR, Green JM. Sex-Specific Responses to Self-Paced, High-Intensity Interval Training With Variable Recovery Periods. J Strength Cond Res. 2014 Apr;28(4):920–7.
35. Schoenmakers PPJM, Hettinga FJ, Reed KE. The moderating role of recovery durations in high-intensity interval-training protocols. Int J Sports Physiol Perform. 2019 Jul 1;14(6):859–67.
36. Edwards AM, Bentley MB, Mann ME, Seaholme TS. Self-pacing in interval training: A teleoanticipatory approach. Psychophysiology. 2011 Jan 1;48(1):136–41.
37. García-Pinillos F, Soto-Hermoso VM, Latorre-Román PA. Do running kinematic characteristics change over a typical hiit for endurance runners? J Strength Cond Res. 2016;30(10):2907–17.
38. Midgley AW, McNaughton LR, Carroll S. Physiological determinants of time to exhaustion during intermittent treadmill running at vV̇O2max. Int J Sports Med. 2007 Apr 6;28(4):273–80.
39. Yuzo Nakamura F, Flávio Soares-Caldeira L, Laursen P, Polito M. Cardiac Autonomic Responses to Repeated Shuttle Sprints Effects of L-arginine associated with L-citrulline malate supplementation on post-exercise hypotension in hypertensives. View project Heat acclimation as a training tool for elite athletes View project. Artic Int J Sport Med. 2009.
40. Binnie MJ, Dawson B, Pinnington H, Landers G, Peeling P. Effect of training surface on acute physiological responses after interval training. J Strength Cond Res. 2013;27(4):1047–56.
41. Ekkekakis P, Hall EE, Petruzzello SJ. Variation and homogeneity in affective responses to physical activity of varying intensities: An alternative perspective on dose-response based on evolutionary considerations. Vol. 23, Journal of Sports Sciences. Taylor & Francis Ltd ; 2005. p. 477–500.
42. Selmi O, Ben khalifa W, Zouaoui M, Azaiez F, Bouassida A. High intensity interval training negatively affects mood state in professional athletes. Sci Sport. 2018;33(4):e151–7.
43. Selmi O, Ouergui I, Levitt DE, Nikolaidis PT, Knechtle B, Bouassida A. <p>Small-Sided Games are More Enjoyable Than High-Intensity Interval Training of Similar Exercise Intensity in Soccer</p>. Open Access J Sport Med. 2020 Mar;Volume 11:77–84.
44. Follador L, Alves RC, Ferreira S dos S, Buzzachera CF, Andrade VF do. S, Garcia EDS d. A, et al. Physiological, Perceptual, and Affective Responses to Six High-Intensity Interval Training Protocols. Percept Mot Skills. 2018;125(2):329–50.
45. Bonato M, La Torre A, Saresella M, Marventano I, Merati G, Vitale JA. Salivary cortisol concentration after high-intensity interval exercise: Time of day and chronotype effect. Chronobiol Int. 2017;34(6):698–707.
46. Vitale JA, Bonato M, Galasso L, La Torre A, Merati G, Montaruli A, et al. Sleep quality and high intensity interval training at two different times of day: A crossover study on the influence of the chronotype in male collegiate soccer players. Chronobiol Int. 2017 Feb 7;34(2):260–8.
47. Schmitz B, Niehues H, Thorwesten L, Klose A, Krüger M, Brand SM. Sex Differences in High-Intensity Interval Training–Are HIIT Protocols Interchangeable Between Females and Males? Front Physiol. 2020;11(January).
48. Sabag A, Najafi A, Michael S, Esgin T, Halaki M, Hackett D. The compatibility of concurrent high intensity interval training and resistance training for muscular strength and hypertrophy: a systematic review and meta-analysis. J Sports Sci. 2018;36(21):2472–83.
49. Gibala MJ, Jones AM. Physiological and performance adaptations to high-intensity interval training. Nestle Nutr Inst Workshop Ser. 2013;76:51–60.
50. Macdougall JD, Hicks AL, Macdonald JR, Mckelvie RS, Green HJ, Smith KM. Muscle performance and enzymatic adaptations to sprint interval training. J Appl Physiol. 1998;84(6):2138–42.
51. Warr-di Piero D, Valverde-Esteve T, Redondo-Castán JC, Pablos-Abella C, Sánchez-Alarcos Díaz-Pintado JV. Effects of work-interval duration and sport specificity on blood lactate concentration, heart rate and perceptual responses during high intensity interval training. Sandbakk Ø, editor. PLoS One. 2018 Jul 16.
52. Engel FA, Ackermann A, Chtourou H, Sperlich B. High-intensity interval training performed by young athletes: A systematic review and meta-analysis. Front Physiol. 2018;9(JUL).
53. Laursen PB. Training for intense exercise performance : high-intensity or high-volume training ? 2010;20:1–10.
54. Billat VL. Interval training for performance: A scientific and empirical practice: Special recommendations for middle- and long-distance running. Part II: Anaerobic interval training. Sport Med. 2001;31(2):75–90.
55. Gibala MJ, Little JP, Macdonald MJ, Hawley JA. Physiological adaptations to low-volume, high-intensity interval training in health and disease. J Physiol. 2012;590(5):1077–84.
56. Stepto NK, Hawley JA, Dennis SC, Hopkins WG. Effects of different interval-training programs on cycling time-trial performance. Med Sci Sports Exerc. 1999;31(5):736–41.
57. Billat V, Slawinski J, Bocquet V, et al. Intermittent runs at vVO2max enables subjects to remain at VO2max for a longer time than submaximal runs. Eur J Appl Physiol 2000; 81: 188-96.
58. Buchheit M, Duthie G, Ahmaidi S. Increasing passive recovery duration leads to greater performance despite higher blood lactate accumulation and physiological strain during repeated shuttle 30-s sprints. Proceeding of the 14th European Congress of Sport Science. 24–27Jun 2009, Olso, Norway.
59. Mendez-Villanueva A, Hamer P, Bishop D. Fatigue responses during repeated sprints matched for initial mechanical output. Med Sci Sports Exerc. 2007 Dec;39(12):2219–25.
60. Buchheit M. Performance and physiological responses to repeated-sprint and jump sequences. Eur J Appl Physiol [Internet]. 2010 Nov 30 [cited 2021 Feb 13];110(5):1007–18. Available from: https://link.springer.com/article/10.1007/s00421-010-1587-3
61. Thibault G. A graphical model for interval training Interval training View project [Internet]. [cited 2021 Feb 13]. Available from: https://www.researchgate.net/publication/265155360