Terapia del Freddo: Crioterapia, contrasto acqua calda-fredda, immersione in acqua ghiacciata per il recupero post-competizione - Parte I


Questo articolo è tratto dal libro sul riscaldamento e le strategie di pre-post competizione previsto per la fine dell'estate


RISCHI DELL’ESPOSIZIONE ALL’ACQUA FREDDA

Prima di introdurre l’argomento si elencano in maniera chiara i possibili rischi sull’utilizzo dell’acqua fredda. Per un individuo senza vestiti. Il termine “acqua termo-neutra” è di 35 C°, invece il termine “acqua fredda” si può stimare che sia a temperature del liquido inferiore ai 15 C°. Infatti, tra i 10-15 C° si sa per certo che si possono avere effetti negativi se l’esposizione fosse lunga e non controllata (2). Le fasi di rischio sono mostrate in ordine di tempo di esposizione, ma dipendono anche dai gradi (C°) dell’acqua e sono:

Ø Immersione iniziale (0-3 minuti): si riduce la temperatura della pelle

Ø Immersione a breve termine (3-30 minuti): avviene il raffreddamento neuromuscolare superficiale

Ø Immersione a lungo termine (30+ minuti): si ha l’ipotermia e il collasso

Nei primi 20 secondi di un’immersione a 15 C°, 10 C° e 5 C° si ha una riduzione al secondo della temperatura rilevata a livello della pelle del petto rispettivamente di 0,42 C°; 0,56 C° e 0,68 C°. Questa diminuzione così veloce è sufficiente per provocare una risposta di shock respiratorio, che potenzialmente, in caso di immersione totale, porta alla morte (3). Inoltre, esistono anche i rischi non legati all’annegamento, identificati come “infortuni da freddo”. Essi si sviluppano in quattro fasi e avvengono principalmente alle parti periferiche quali mani e piedi (4).

Fase I – Infortunio. Il soggetto ha una vasocostrizione periferica e i tessuti risultano freddi e insensibili con una perdita di propriocezione locale. Il colore è rosso o bianco.

Salvataggio. Per far ritornare il tessuto alla sua condizione iniziale si applica il caldo.

Fase II – immediatamente Post-infortunio. Appena dopo che si scalda la parte, il tessuto cambia colore da bianco a blu, ma rimane freddo e insensibile con un leggero gonfiore e senza polso periferico.

Fase III – Fase iperemica. Il tessuto diventa rosso e caldo con la pelle secca, provoca dolore ed ha la sensibilità alterata. La fase temporale è dalle 2 settimane ai 3 mesi.

Fase IV – Fase post iperemica. Può durare per il resto della vita. Si ha un aumento della sensitività al freddo e provoca dolore. Può portare a contratture, deformità ad artiglio e/o atrofia muscolare.

Per un approfondimento si consiglia la lettura della ricerca da cui è tratto questo breve paragrafo (5).

TERAPIA DEL FREDDO

Dopo questa doverosa premessa iniziale, si può dividere la terapia del freddo in tre pratiche:

Ø Crioterapia (totale o parziale) (CR)

Ø Contrasto acqua calda-fredda

Ø Immersione in acqua fredda (totale o parziale) (IAF)

ADATTAMENTI FISIOLOGICI, PRESTATIVI E PSICOLOGICI GENERALI

Gli adattamenti sono simili in tutte le metodologie dato che applicano sempre la terapia del freddo. Principalmente agiscono riducendo la formazione di edema, l’infiammazione, la quantità di creatin-chinasi (CK) e la sensazione di stanchezza da esercizio. La pressione idrostatica unita alla vasocostrizione periferica aumenta il volume sanguigno centrale facilitando il passaggio delle sostanze dal muscolo al sangue, velocizzando il recupero e agevolando lo smaltimento del lattato. Inoltre, se si riduce la temperatura in loco di almeno 12-13 C° (6), si ha un effetto analgesico naturale dato che diminuisce la velocità di conduzione dei nervi. Questo fine è particolarmente utile in condizioni di post-infortunio (7). Non sempre, però, i protocolli mostrano raffreddamenti così marcati, in quanto sono dell’ordine di 9-10° (8)(9). Inoltre, in acuto c’è anche una riduzione della frequenza cardiaca e un aumento della ventilazione (VE), mentre la pressione arteriosa rimane invariata (10)(11). La VE, però, ritorna ai livelli iniziali dopo un minuto (11). Il calo maggiore nella temperatura corporea (Tc) in chi usa la crioterapia è a 60 minuti post-intervento, infatti la Tc continua a diminuire nell’ora seguente l’esposizione (12). Sul lungo periodo si ha, inoltre, una riduzione dei grassi cattivi, trigliceridi e colesterolo, però le ricerche in questo campo sono ancora limitate (13).

Rappresentazione dell’andamento della temperatura corporea (sinistra) e della frequenza cardiaca (destra) dopo una seduta di crioterapia.

CRIOTERAPIA (CR)

La crioterapia è uno strumento medico, per cui deve essere applicata in luoghi sicuri e sotto la supervisione di personale specializzato. Con questa pratica si è esposti a temperature inferiori anche a -100 C° per un intervallo massimo compreso tra 2 e 3,5 minuti in quanto 4 potrebbero già non essere sicuri (14). In questa stanza viene utilizzata aria o gas (CO2) in condizioni di ambiente secco e, di conseguenza, necessita di indumenti protettivi (maschera, guanti, ecc.) (15). Può essere applicata totalmente (con inclusione della testa) o in maniera parziale (parte inferiore). Queste due modalità, se confrontate tra di loro, sembrano uguali sul recupero generale negli atleti (16) per cui si può utilizzare quella preferita dai soggetti.

Recupero neuromuscolare. La crioterapia è utile per il recupero neuromuscolare del salto a 24h, ma non successivamente (24-48h), mentre ha effetti significativi, ma minimi, sullo sprint a 1h, 48h e 90h (17) e sul lungo periodo (19). Nonostante ciò, come in ogni campo, non tutte le ricerche mostrano benefici in acuto nel recupero fisiologico e prestativo (18). Sebbene non tutte le indagini mostrano risvolti positivi sul recupero neuromuscolare, si ritiene che la CR sia comunque utile per il recupero sia in acuto (≥ 1h dall’applicazione) sia sul medio/lungo periodo (<120h) (19).

Recupero fisiologico. In giocatori di rugby permette una riduzione più veloce della creatin-chinasi rispetto ad un recupero passivo, ma in uguale misura se confrontata alla terapia a contrasto o ai vestiti compressivi (20). Si è notato in militari cadetti che dopo 10 sessioni ha provocato una riduzione dell’emoglobina (da 15,1 a 14,4 g/dL) che è stata mantenuta fino alla 20° esposizione, dopodiché i valori sono ritornati uguali al basale dalla 30° applicazione (21). Queste concentrazioni sono sempre dentro i valori antidoping correnti. Una applicazione parziale effettuata tra due sedute di allenamento (sovraccarichi e condizionamento in campo separate da 90 minuti) ha ridotto la ventilazione (-6,5%), frequenza cardiaca (-3,5%) e consumo di ossigeno (-4,9%) permettendo speculativamente una miglior sessione in campo (22). Il suo utilizzo può anche limitare i sintomi di overreaching non funzionale in atleti d’élite (23).

Recupero psicologico. Si può utilizzare per ridurre la sensazione di stanchezza e danni muscolari alle gambe in giocatori di calcio dopo un match (24)(7), anche in un calendario congestionato (25).

Sistema immunitario. La crioterapia totale mostra un aumento delle funzioni immunitarie e una riduzione delle citochine pro-infiammatorie (IL-2 e IL-8) con un aumento di quelle anti-infiammatorie (IL-6, IL-10) (26)(27)(28). Infatti, questi risultati sono in linea con gli studi che mostrano come un’esposizione alle basse temperatura aumenti le risposte immunitarie (29).

Protocollo. Si ritiene di utilizzare sempre un pre-condizionamento di 30 secondi alla temperatura di -60 C° a cui far seguire un’esposizione di 2,5 minuti a -110/-140 C°, il tutto effettuato il prima possibile dalla fine della seduta (30). In atleti d’élite di sport di contatto la dose più efficace è di 30 secondi a -60 C° seguiti da due minuti a -135 C° (31). La crioterapia (o l’utilizzo del freddo) può essere applicata anche con “vestiti refrigerati” rendendo più facile la sua implementazione (32). Per un approfondimento sugli effetti (fisiologici, neuromuscolari e psicologici) della crioterapia sugli atleti si consiglia l’ottimo riassunto di Lombardi e colleghi (19).

IMMERSIONE IN ACQUA FREDDA (IAF)

Questa pratica consiste nell’immersione fino al collo o alle spalle in una vasca con acqua fredda tra 8-15 C° (15). Non necessita di indumenti protettivi ed è solitamente la metodologia più accessibile e utilizzata nella quotidianità delle società sportive.

Recupero neuromuscolare e fisiologico. In calciatori professionisti permette di ridurre il declino nei test di potenza (SJ, CMJ) e della creatin-chinasi, però i due parametri non sono correlati, ovvero la clearance aumentata della CK non è il motivo della prestazione migliorata che, quindi, rimane ignoto (33). In questo studio Stearns et al., hanno monitorato 33 triatleti (22 uomini, 11 donne) al campionato mondiale di ironman® (tempo = 11:03,00 ± 01:25:08). Dopo averli suddivisi terminata la competizione nel gruppo di controllo (senza trattamento) e nel gruppo con immersione in acqua fredda (10 minuti a 10 C°), i risultati non mostrano differenze nel recupero dei marker fisiologici (CK, mioglobina, proteina-C reattiva, cortisolo) fino a 40 ore, quindi si mostra che questa non è una pratica deleteria, ma neanche positiva, per cui spetta alla scelta del soggetto se utilizzarla o meno (34). Invece, se l’IAF venisse usata regolarmente per 15 giorni (12 sessioni), in giocatori di pallavolo di livello internazionale ha permesso di ripristinare più velocemente il CMJ rispetto ad un gruppo di controllo (35). La sua tempistica di miglioramento nelle variabili sembra essere più efficace a ≥24h dall’esposizione che nell’immediato (36). Come si è mostrato in questo campo i risultati sono neutri in acuto (<24h) e potenzialmente positivi dopo le 24h da un singolo utilizzo. Inoltre, è benefica se effettuata in cronico.

Recupero psicologico. L’IAF (5 C°, 5 minuti) in ciclisti su pista d’élite permette di ridurre il dolore un’ora dopo lo sforzo (37), così come in sport di squadra (17).

Protocollo. I protocolli minimi sono 5 serie da 60 secondi a 10 C°, ma il range consigliato è tra 5-18 minuti di esposizione (ottimale 10-12) a 8-12 C° (38). Il protocollo intermittente aumenta l’effetto di riduzione della temperatura (es. 2 x 5 minuti a 10 C° con 2 minuti di attesa in ambiente temperato tra le serie) piuttosto che 10 minuti consecutivi (17)(12), mentre la profondità non influisce sulla riduzione della temperatura corporea (12).

CONTRASTO CALDO E FREDDO

Questa metodica consiste nell’alternare un’immersione parziale o totale in acqua fredda (8-15 C°) e in acqua calda (38-42 C°). L’ipotesi è che si favorisca un effetto pompa sul sangue circolante tramite una continua ed intermittente vasodilatazione e vasocostrizione (39).

Recupero neuromuscolare, fisiologico e psicologico. La terapia a contrasto non velocizza il recupero neuromuscolare post-allenamento nell’intervallo da 0 a 96 ore (17)(40), ma riduce i DOMS fino a 72h, così come la sensazione di stanchezza (7). Il gruppo di ricerca di Versey et al., ha confrontato su ben due tipologie di atleti (corridori e ciclisti) lo stesso protocollo di contrasto: un minuto a 15 C° e un minuto a 38 C° per 6, 12 o 18 minuti totali. I risultati mostrano che tutti i protocolli sono simili nel ripristinare la prestazione (41)(42). Questi studi indicano, inoltre, che non c’è un effetto dose-risposta, ovvero che anche se si aumentasse l’esposizione al gruppo sperimentale non si avrebbero benefici addizionali.

Protocollo. Solitamente si effettuano dai 3 ai 7 minuti di esposizione alle temperature minime con una relazione di 1:1 o 1:2 con il caldo. La dose minima più efficace deve ancora essere trovata (38), ma si può ipotizzare che sia tra 6-12 minuti di esposizione al freddo.