Parte 1: Test di Valutazione

Capitolo I

TEST DI VALUTAZIONE

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I test sono prove valutative della situazione attuale dei giocatori. Sono importanti perché permettono all’allenatore e al responsabile del condizionamento di capire quali caratteristiche hanno i propri atleti e se si stiano adattando agli stimoli in maniera positiva (incremento prestativo) o negativa (OT, ONF) sia individualmente (risponder e non-risponder) sia come tendenza della squadra/gruppo di pari. Essi devono essere applicati in maniera continuativa dalla fase precampionato alla fase competitiva. Da notare che in sport situazionali (calcio, rugby, hockey ecc.) i risultati dei test intermittenti non devono mai essere usati per avere una previsione sulla prestazione in partita (ad esempio, un soggetto che ha il miglior risultato nello Yo-Yo non è necessariamente quello che esegue più distanza in sprint) (Svensson & Drust, 2005).

Dal momento che non si conosce a priori il risultato di un test, la teoria dell'errore classica ci dice che è opportuno ripetere più volte una misura nelle stesse condizioni sperimentali e analizzare i risultati ottenuti attraverso metodi statistici. Se si potesse avere un gran numero di prove sullo stesso soggetto, si otterrebbe una distribuzione normale, anche detta Gaussiana. Questa distribuzione presenta una tipica forma a campana in cui il picco rappresenta il risultato più probabile, ovvero la media delle misure effettuate. Inoltre, è opportuno considerare che ciascuna delle misurazioni ha con sé un errore di misura, che indica quanto si è lontani dal valore considerato più attendibile (Novick, 1966).

Nelle prossime pagine si approfondirà come la statistica viene applicata ai test di valutazione e al monitoraggio dell’atleta.

Caratteristiche dei test

I test devono possedere determinate caratteristiche per fare in modo che l'atleta venga monitorato al meglio. Esse sono:

Ø Precisione [reliability]. È definita come la sistematica consistenza, riproducibilità e accordo tra due o più misurazioni della prestazione dello stesso individuo sotto le stesse condizioni esterne ed interne quando vengono eseguite in più occasioni separate (Aldridge et al., 2017). Quindi, in una situazione ipotetica in cui siano uguali i fattori esterni (elementi o situazioni di disturbo del test biologici o strumentali) e lo stato di forma (fitness e recupero) dell’atleta, la precisione è del 100%, ovvero il risultato della prova non cambia. Per farla semplice, si può intendere come il cambiamento (positivo, negativo o indifferente) della prestazione dovuta al fattore umano (fatica e supercompensazione) a parità di ogni variabile confondente. Per non avere influenze di rumori bisogna, quindi, standardizzare al meglio la prova (posizione dei segmenti corporei, esecuzione, incitamento, orario, ecc.). Per misurare la precisione si usa solitamente l’errore tipico (TE), errore standard di misurazione (SEM) o il coefficiente di variazione (CV). Meno si rileva una differenza di misurazione tra due o più prove e più la misura è precisa (Lexell & Downham, 2005). Precisione test-retest. Con queste parole si descrive la sistematica consistenza, riproducibilità e similarità dei test.

Ø Validità [validity]. È la qualità più importante, un test è valido quando misura ciò che dice di misurare. Ad esempio, se voglio misurare il massimo consumo di ossigeno (VO2max) è più valido un test in laboratorio con il metabolimetro piuttosto che una prova intermittente a navetta sul campo, dato che quest’ultima lo stima in maniera indiretta dalla velocità di corsa ottenuta nell’ultimo step incrementale.

Ø Accuratezza [accuracy]. Un test è accurato se le misure sono sia valide che precise: infatti, si misura il risultato atteso. È grazie a questa caratteristica che si possono sviluppare piani a breve e lungo termine sui singoli giocatori in quanto si ha la misura reale della prestazione. Una differenza nell’accuratezza tra due prove identiche può essere data da una variabilità dovuta all’operatore (nel caso di un test manuale) o imprecisione dello strumento, per questo si deve eseguire sempre un collaudo dell’attrezzo e un addestramento dell’utente.

Ø Sport-specificità. I test devono riflettere il più possibile le caratteristiche dello sport di applicazione (es. il sistema energetico piuttosto che l’azione biomeccanica che deve andare ad essere monitorata) (Meeusen et al., 2013). Più sono sport-specifici e più i risultati sono generalizzabili su quella popolazione e in quella condizione ambientale.

Ø Praticità. È intesa come durata, semplicità della somministrazione e come richiesta di attrezzatura. Per questi motivi, i test da campo o con piccoli attrezzi molte volte sono da preferire a quelli in laboratorio (Mirkov et al., 2008). Ad esempio, è meglio una rilevazione quotidiana della variabilità della frequenza cardiaca con la fascia toracica durante la mattina prima dell’allenamento piuttosto che una rilevazione in laboratorio solo un giorno a microciclo.

Rappresentazione della validità e affidabilità di un test. I quadrati bianco e nero rappresentano i dati ipoteticamente rilevati dalle misurazioni

Fattori confondenti

Per ridurre al minimo gli errori, ovvero le variazioni di misura dovute a fattori che esulano dalla prestazione del soggetto, bisogna tenere conto di alcune situazioni che aumentano il disturbo del risultato (A. Turner et al., 2016). Questa pratica serve anche per consentire i confronti tra giocatori e tra diversi periodi della stagione. Alcune variabili sono interne (genere, età), altre, invece, sono esterne e più facilmente controllabili (temperatura, attrezzatura ecc.). [Il seguente elenco è stato scritto dall’autore in base all’importanza delle singole variabili nel disturbo dei risultati dei test. Per un approfondimento sul motivo per cui l’autore ha inserito alle prime posizioni il ciclo circadiano, ciclo mestruale, riscaldamento, ma anche la qualità del sonno della notte precedente si consiglia di leggere il primo volume “Teoria & Metodologia del Monitoraggio degli Atleti – EdizioniLIR,2021”].

1. Fatica neuromuscolare;

2. Riscaldamento prima della prova;

3. Momento della giornata (ritmo circadiano);

4. Qualità e quantità di sonno nella notte precedente;

5. Ciclo mestruale;

6. Esperienza dell’atleta in quel dato movimento/pattern motorio;

7. Motivazione e sfera psicologica;

8. Fattori nutrizionali (stato di idratazione, orario dell’ultimo pasto, assunzione di stimolanti come caffeina, alcool ecc.);

9. Fattori ambientali (umidità, temperatura, velocità del vento ecc.);

10. Esperienza dell’operatore;

11. Vestiti indossati;

12. Strumentazione;

13. Età anagrafica.

L’esperienza dell’atleta è molto importante in quanto se un giocatore è scarsamente pratico con il movimento del test può risultare che nelle prime 4-6 prove egli migliori solo perché ha imparato ad eseguirlo al meglio e non per un effetto di incremento della prestazione. Per questo motivo si devono programmare delle sedute di familiarizzazione ai test per la squadra o per il singolo atleta (Stevens & Dascombe, 2015)(Laursen et al., 2003). Anche il riscaldamento che si esegue nell’immediatezza delle prove deve essere sempre identico, a meno di correzioni che vadano ad aumentare la sensazione dell’atleta e/o la sua prestazione in allenamento, infatti, nonostante tutto, i test da svolgere prima della seduta devono essere al servizio della sessione e non la devono ostacolare.

Sequenza dei test

I test vanno svolti in base ai sistemi energetici preponderanti nell’attività secondo questo ordine:

· Misure a riposo (frequenza cardiaca, pressione arteriosa ecc.);

· Test non affaticanti (flessibilità);

· Prove mentali e poco affaticanti (es. reazione psicomotoria, agilità ecc.);

· Prove di potenza e forza massimale (es. Strappo, 1 RM ecc.)

· Test mediamente affaticanti (sprint);

· Test di resistenza muscolare locale;

· Valutazione della capacità anaerobica;

· Test di capacità aerobica massimale.

L’ordine dei test si basa sulla rigenerazione delle molecole energetiche adenosintrifosfato (ATP) e fosfocreatina (PCr). Mentre l’ATP rimane praticamente costante durante l’attività fisica per una costante re sintesi, la PCr ritorna quasi al 90% del valore pre-esercizio dopo 300 secondi di recupero passivo (Hultman et al., 1967).

Rappresentazione della re-sintesi della PCr e ATP dopo un’attività fisica. Da notare che l’ATP rimane praticamente costante grazie alla continua re-sintesi. Tratta da Mattei et al., (2004) (56).


Denominazione: base, pre, post

I test si possono dividere in tre ulteriori categorie per facilitarne la loro comparazione:

Ø Misurazione di base. La misurazione base è quella avvenuta durante un periodo ben definito come, ad esempio, la fase preparatoria in cui si ha una seduta (o settimana) interamente dedicata ai test ed il soggetto è, speculativamente, in una situazione di non affaticamento. Si può ipotizzare che questa rilevazione è il massimo grado di standardizzazione e, di conseguenza, la precisione.

Ø Misurazione “pre”. Si intende il test eseguito nella prossimità precedente l’allenamento o della partita (con prossimità si può intendere entro 4-6 ore prima). Solitamente questa rilevazione serve per conoscere se l’atleta ha recuperato dalla seduta precedente.

Ø Misurazione “post”. Si intende il test eseguito nella prossimità seguente l’allenamento o la partita (entro 4-6 ore dopo). Solitamente si utilizza per quantificare quanto ha affaticato il soggetto dopo l’attività.

Nella misurazione pre e post infrasettimanale (in particolare dopo i giorni ad alto carico) l’atleta può arrivare stanco, quindi si ipotizza che questi test abbiano più “disturbo” delle rilevazioni base [punto 1 dell’elenco “Fattori confondenti”]. Discorso a parte si potrebbe pensare per delle prove svolte nella mattina seguente il giorno off, dove si ritiene che il giocatore abbia meno fatica, perciò si ipotizza una maggior precisione dei test. È, però, da tenere sempre a mente che l’affaticamento neuromuscolare permane anche fino anche a 72-96 ore dopo un’attività e, quindi, anche dopo il giorno di recupero completo non si è mai in uno stato di assoluta freschezza.

Test massimali

L’utilizzo di monitorare gli atleti tramite test massimali è dispendioso in tempistiche e possono interferire con la disponibilità dei giocatori oltre che inficiare l’allenamento dei giorni successivi. Bisogna anche distingue tra test massimali in laboratorio, poco effettuati anche in ambienti d’élite sportiva (Lucia et al., 2000) con quelli sviluppati in campo, che sono sicuramente più utilizzati (anche una volta al mese se non di più). Nel caso si utilizzino devono essere applicati test “chiusi”, ovvero con distanze e tempi specifici (es.: una prova di corsa/bici da 5-km o di 5 minuti) piuttosto che un test “aperto” come quelli ad esaurimento soggettivo (es.: una prova senza limite di tempo o distanza, ma che viene interrotta quando il soggetto non ritiene più di poter proseguire per vari motivi, tra cui fatica neuromuscolare, mentale, accumulo di metaboliti, ecc.). Infatti, i primi hanno dei coefficienti di variazione intra-ed inter-soggettivi minori di quelli ad esaurimento senza distanza e tempo predefiniti (Stevens & Dascombe, 2015) [riferirsi al paragrafo: Statistica inferenziale]. In un contesto ad alta frequenza di competizioni bisogna inserire le prove massimali tra due giorni dopo la partita (MD+2) e due giorni prima della seguente (MD-2) per non avere conseguenze di riduzione della prestazione dovuta all’affaticamento indotto dai test valutativi (Walker & Turner, 2009). Proprio per eliminare questa situazione, stanno diventando popolari le versioni submassimali (es. Yo-Yo di soli sei minuti) che, oltre a costare meno tempo, fatica e concentrazione, si stanno mostrando utili anche nel monitorare la prestazione e la prontezza all’attività [riferirsi al capitolo: Test submassimali & massimali].

Valore medio o di picco

All’interno di un monitoraggio che prevede più di una prova del singolo test come, ad esempio, effettuare cinque salti con contromovimento (CMJ) prima dell’allenamento, si può utilizzare per l’analisi statistica sia il valore di picco sia la media estrapolata dagli stessi tentativi. A prova del calcolo della media c’è una metanalisi in cui si mostra come sia la scelta migliore per monitorare la fitness-fatica in atleti (Claudino et al., 2017b), mentre, al contrario, da uno studio singolo essa risulta molto simile all’utilizzo del dato di picco (prova migliore) (Al Haddad et al., 2015). L’autore consiglia, nel caso si avesse tempo da investire, di monitorarle in parallelo ed estrapolare dei propri dati quella più utile allo scopo.


Batteria di test di monitoraggio

La batteria di monitoraggio deve applicare test o strumentazione pratici, sport-specifici, precisi e il più possibile validi e affidabili. Grazie a queste caratteristiche si può ipotizzare che abbiano dei risultati oggettivi, quindi, utilizzabili per monitorare i cambiamenti significativi della prestazione tra i vari giorni. Si devono svolgere sicuramente prima della seduta (o competizione) per conoscere lo stato di affaticamento (o prontezza alla prestazione) dell’atleta, ma si possono anche effettuare in un secondo momento per monitorare quanto è stato affaticante quella data seduta per contestualizzare meglio il carico allenante quando si richiederà lo stesso impegno ai giocatori.