Clearance (smaltimento) del Lattato post-esercizio


Clearance (smaltimento) del Lattato post-esercizio



Revisione formale e grammaticale aggiornata il 02-07-2021

Questo articolo è parte del libro sul Riscaldamento e le Strategie di Pre-Post competizione

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Il lattato rilevato dal sudore è correlato con quello ematico? Per approfondire


INTRODUZIONE

Il lattato è una molecola prodotta durante esercizi ad alta intensità e di breve durata (glicolitici) tramite la degradazione degli zuccheri in condizione di assenza di ossigeno. Inizialmente è stato visto come una sostanza deleteria del continuum della contrazione in quanto si riteneva uno dei principali responsabili della cessione dell’attività muscolare. Invece, è stato successivamente rivalutato perché si è mostrato che anch’esso è una molecola energetica dato che viene riutilizzato in vari processi e organi.


Lattato ed allenamento. Questa sostanza può essere utilizzata per monitorare la prestazione. Infatti, una riduzione dell’accumulo di lattato ad una determinata intensità è da intendere come un aumento della prestazione di lunga durata, al contrario se si avesse una produzione maggiore del solito alla stessa intensità relativa potrebbe indicare che l’atleta sia in sovraccarico e/o che non stia recuperando come dovrebbe (1). Bisogna, però, considerare i fattori confondenti che incidono sull’accumulo di questa sostanza e, tra i tanti, possono essere: l’orario della giornata, le scorte di glicogeno presenti nei muscoli ecc. Di conseguenza, prima di interpretare i valori è necessario standardizzare al meglio alcune (se non tutte) variabili.


Per una contestualizzazione sul ritmo circadiano, ciclo mestruale, si consiglia il libro dell’autore: Teoria & Metodologia del Monitoraggio degli Atleti, EdizioniLIR).


La soglia aerobica si può anche nominare come prima soglia ventilatoria, mentre la MLSS è chiamata anche, con margine di errore, potenza critica, seconda soglia ventilatoria, soglia anaerobica od OBLA. Tratto da (37).

Rappresentazione di attività a differenti intensità e relativi valori di lattato prodotto.

Esempio di prova incrementale e relativo accumulo di lattato in un atleta di kayak d’élite

CINETICA DELL’ACCUMULO DEL LATTATO DURANTE L’ESERCIZIO

Da come si può vedere nella rappresentazione a sinistra il lattato ha un accumulo esponenziale (minimo nella prima parte, ma in proporzione sempre maggiore più l’intensità aumenta) e si può dividere principalmente in tre zone:

Zona 1. La prima Zona è quella che comprende l’intensità che varia dal VO2 a riposo fino a quella che serve per aumentare la concentrazione di lattato di 1 mmol/L sopra il valore basale. La soglia di demarcazione tra la Zona 1 e la Zona 2 è chiamata “soglia lattacida” o “aerobica”, infatti l’attività fisica a questa intensità relativa può essere mantenuta teoricamente all’infinito (>4h) e la sua cessione dipende da altri fattori quali le quantità di riserve energetiche, la motivazione a proseguire ecc. Entro questo carico si possono prescrivere attività di recupero, rigenerative e sedute di lunga distanza aerobica (9).

Zona 2. La Zona 2 è compresa tra la soglia lattacida e il punto in cui si ha il valore della massima produzione di lattato stazionario (MLSS). Quest’ultima intensità permette lavori dalla durata di massimo 45-60 minuti (10). Dato che ognuno ha il suo profilo di lattato (varia da specializzazioni sportive) si possono avere anche valori della MLSS tra 2 e 10 mmol/L (1). Proprio per questa grande variabilità nei vari soggetti non si consiglia di utilizzare la demarcazione fissa di 2 e 4 mmol/L per, rispettivamente, la Zona 1 e Zona2. La fine della Zona 2 viene identificata quando termina la linearità di accumulo del lattato.

Zona 3. In questa zona si prescrivono allenamenti intermittenti ad alta intensità. È la zona del grafico che varia dalla MLSS fino all’accumulo massimale del soggetto.



CINETICA DEL RECUPERO DEL LATTATO POST-ESERCIZIO

Come si può notare i valori di lattato che si ottengono appena finito il test (<60 secondi) non sono quelli definitivi, infatti si ha un incremento significativo della sua produzione da quando termina la prova fino anche durante i 7-10 minuti successivi. Si osserva che, in professionisti, dopo un all-out di 180 secondi di canoa si hanno 13,37 ± 2,63 mmol/L e che questa sostanza raggiunga anche concentrazioni ematiche di 17-18 mmol/L nei minuti successivi (dati estrapolati dalla visione del grafico) (11). Lo stesso si può osservare in una competizione di 400m dove prima della gara si hanno 3,8 mmol/L, e a +1, +4, +7 e +10 minuti post-attività sono stati rilevati, rispettivamente: 16,4; 21,2; 22 e 20 mmol/L.

La decrescita avviene tra 7 e 10 minuti dal termine dell’esercizio ed è qui che inizia il vero smaltimento (4). In atleti internazionali specialisti nei 400m si ha la “gobba” del lattato (picco massimo della concentrazione della molecola) tra il 2° e 10° minuto, mentre il recupero completo avviene tra il 70°-90° minuto (recupero passivo) (12). Invece, in soggetti mediamente allenati (400m in 53 secondi di media) si ha avuto il pieno smaltimento a 60 minuti dalla corsa (13).

È difficile quantificare l’emivita nel lattato in quanto varia in base a molti fattori, tra cui, il livello di condizionamento cardio-vascolare (VO2max, capillarizzazione, quantità ed efficienza mitocondriale ecc.) e in base al protocollo di recupero. In specialisti nei 400-800m dopo 30 minuti si nota come in due soggetti su tre si abbia uno smaltimento del 30-40%, mentre nel terzo atleta sia sceso solo del 15% dal picco di accumulo (5), di conseguenza si ha molta difficoltà ad indicare un valore di emivita di questa molecola. Come linea generale e conservativa si ritiene che in 75-90 minuti (massimo 120) si abbia la piena clearance. Ciò che influisce notevolmente sul suo smaltimento è la modalità del recupero che può essere attivo o passivo.

Rappresentazione della clearance del lattato rilevata in specialisti di 100-400m e di 800-1500m (11)

Accumulo e smaltimento del lattato dopo una seduta di sprint in due atleti di livello internazionale di 400m. 1 = pre-warmup; 2 = post-warmup; 3 = post-120m; 4 = post-150m; 5 = post-120m; 6 = post-150m; 7 = 20 minuti post-allenamento; 8 = 30 minuti post-allenamento. Tratto da (7).

SMALTIMENTO DEL LATTATO E RECUPERO ATTIVO O PASSIVO

Recupero passivo. Numerose ricerche confermano che il recupero attivo è più efficace nello smaltimento del lattato accumulato rispetto ai protocolli passivi (stretching statico o massaggi superficiali e profondi) (14). Si sa, inoltre, che il massaggio è leggermente migliore rispetto che una condizione di inattività fisica (15). In soggetti scarsamente allenati (2 allenamenti a settimana, livello “regionale”) l’emivita del lattato è stata di 733 ± 371 secondi nel protocollo attivo (12-15 minuti) e di 1361 ± 372 secondi (22-25 minuti) in quello passivo dopo essere arrivati a valori di lattato di 10,35 ± 5,76 mmol·L−1 (16).

Recupero attivo. L’intensità dell’esercizio necessaria per un efficace smaltimento del lattato oscilla in letteratura tra il 30% e il 70% del massimo consumo di ossigeno (VO2max) (17). Solitamente si eseguono circa 10-15 minuti di recupero attivo per questo scopo (18) e il grado di condizionamento dei soggetti permette di aumentare la capacità di smaltimento dello stesso alle medesime intensità (19). Inoltre, non si sono mostrate differenze in un recupero in acqua (cicloergometro) o sulla terraferma alla stessa intensità relativa (20).

Soglia lattacida. In un’indagine su corridori, dopo aver accumulato in media 11,5 mM di La- si ha un recupero maggiore (velocità di smaltimento incrementata) durante l’attività tra l’80%-100% della soglia lattacida/aerobica (21). Questi dati sono confermati anche nel nuoto (18) e, inoltre, i soggetti utilizzano già questa velocità autogestendosi nel recupero post-competizione (22). In genere questa andatura negli sport acquatici è il 65% della velocità massima (7). Ovviamente, più si è allenati e più la soglia aerobica è alta.

Massimo consumo di ossigeno. L’intensità del 51,1±4,9% VO2max è quella che permette di ridurre più velocemente una quantità di lattato di 8.6±1.1 mmol/L accumulate dopo 6 min al 75% VO2max rispetto l’intensità di 59,3±4,2% o di 67,4±3,7% VO2max in triatleti di livello internazionale (VO2max = 69,4±4,7 mL-kg-1min-1) (23). Dallo stesso gruppo di ricerca si mostra come anche in giocatori di calcio l’intensità ottimale sia tra il 39,3±6,8% e 49,8±5,7 del massimo consumo di ossigeno (24). In uno studio con giocatori di pallamano (VO2max = 51,4±0,8 ml.kg-1min-1) sono stati confrontati quattro tipi di esercizi: 45-55% FCmax (camminata), jogging (55-65% FCmax), corsa (65-70%) e inattività. Dai risultati si conosce che lo smaltimento è più veloce nel jogging e nella corsa rispetto al riposo completo e alla camminata che non differiscono tra di loro (25). Vescovi et al., in un gruppo di nuotatori d’élite è riuscito a creare un’equazione per capire la distanza da far nuotare per far abbassare il lattato sotto le 2 mmol L-1. In questo studio è stato permesso agli atleti di auto-gestirsi l’intensità del recupero attivo per una maggior validità ecologica.

La- = -3,374 + (1,62 x genere) + (0m789 x lattato post-gara) + (0,003 x distanza del recupero attivo). 0 = maschi; 1 = femmine (7) (errore nella stima di 2 mmol L-1)

Rappresentazione della velocità di smaltimento del lattato in differenti protocolli. L’intensità autoregolata è vicino alla soglia lattacida. SL = soglia lattacida. Tratto da (23).

Smaltimento del lattato a varie intensità in triatleti internazionali. Tratto da (25)

Si conosce anche che esiste una differenza “genetica” nella capacità di accumulo e rimozione del lattato tra atleti di livello internazionale caucasici e africani, normalizzati per il tempo nelle distanze. Nei 100m piani, gli africani hanno meno lattato alla fine dell’attività (africani: 10,70 secondi, 8,5 mmol L-1; caucasici: 10,61 secondi, 15,0 mmol L-1) (26). Ciò avviene anche nei 400m (12). Infatti, dopo tale distanza i caucasici hanno una maggior quantità di La- nel torrente ematico a +3, +5 e +7 minuti rispettivamente del 25%, 14% ed 8% se comparati con l’altro gruppo. Si ritiene che questo risultato sia dovuto ad un meccanismo che ostacola l’apparizione della sostanza nel circolo sanguigno negli africani piuttosto che una loro minor produzione in generale. Infatti, lo stesso gruppo di ricerca ha fatto percorrere ad entrambe le categorie una prova quasi-massimale di 60 secondi a 25,2 km/h costanti e si nota che i caucasici hanno una minor concentrazione di lattato dal 5° minuto fino al 90° (recupero passivo) mostrando come gli africani hanno una minor capacità generale di rimozione della sostanza (12).

Accumulo e smaltimento del lattato tra africani e caucasici dopo una prova a velocità costante. Tratto da (13).

pH, ammonio


può mostrare l’andamento dello smaltimento del lattato tramite la riduzione del pH e la sua relativa omeostasi, infatti si conosce che sono strettamente correlati (27).

Relazione tra pH e lattato dopo una prova di 400m. Tratto da(6).

Invece, la relazione tra il lattato e gli ioni ammonio (NH4+) è differente sia nell’accumulo così come nello smaltimento, per cui non sono interscambiabili (28). In particolare, in un test incrementale ad esaurimento, durante la fase di aumento del carico acuto si ha un incremento non lineare nel La- (esponenziale), mentre il NH4+ aumenta linearmente. Anche nel recupero dallo sforzo il primo è esponenziale ed il secondo lineare (29). Si può osservare che dopo 30 minuti di recupero entrambi non siano ritornati ai valori iniziali (29). Con questo paragrafo si anticipa che il monitoraggio degli ioni ammonio per quantificare il carico di lavoro è più sensibile dell’utilizzo del lattato e, di conseguenza, preferibile in quanto anche alle basse intensità permette di conoscere gli adattamenti/disadattamenti del singolo (29).

Rappresentazione dell’accumulo e smaltimento del lattato e degli ioni ammonio durante un protocollo incrementale ad esaurimento. Tratto da (28)

APPLICAZIONE PRATICA

L’utilizzo di un’attività alla soglia lattacida permette di smaltire più velocemente il lattato accumulato e, di conseguenza, deve essere utilizzata per almeno 15 minuti post-competizione. L’importanza di questa pratica è tanto maggiore più le competizioni sono ravvicinate (calendario congestionato e/o più gare nello stesso giorno). Si può anche utilizzare questa intensità tra serie con sovraccarichi per lo stesso motivo (30).

La velocità alla soglia anaerobica in atleti di nuoto è rispettivamente a 1,45 m/s nello stile libero; 1,35 m/s nel dorso; 1,08 m/s nella rana e 1,22 m/s nella farfalla (31). In soggetti moderatamente allenati nella corsa si è trovata a 13,75 km/h (32).

La clearance (smaltimento) e l’accumulo di lattato è utile anche quando si programmano delle sedute di potenziamento della cinetica del VO2 prima di una competizione di breve durata in quanto questo condizionamento deve permettere di iniziare la competizione con una quantità non superiore alle 3 mmol/L di La-.

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